Vascello di Eros

micromosaico in smalti filati
diametro mm. 65
ultimo quarto XVIII secolo
Collezione privata

Un vascello dorato armato con le insegne di Eros: l’arco come albero, la faretra come timone, frecce per i remi e a prua una corona di rose, fiori sacri a Venere.

Una metafora che ha origini antiche e presente nella letteratura di ogni tempo. In età neoclassica e poi ancora nella prima metà dell’Ottocento il dio dell’Amore offre numerosi motivi iconografici al micromosaico. I modelli provengono dalle gemme antiche e in particolare, ma non solo, dalle pitture restituite dagli scavi di Ercolano e Pompei. Tra i poeti classici è Anacreonte (VI-V sec. A C.) a fornire immagini miti e delicate. Lo studio delle tematiche anacreontiche generò un sodalizio tra lo scultore danese Bertel Thorvaldsen (1770-1844) e il poeta reatino Angelo Maria Ricci (1776- 1850). A questo comune interesse si deve far risalire il bassorilievo thorvaldsiano raffigurante Amore navigatore realizzato nel 1831, molto vicino come spirito al motivo del micromosaico qui presentato[1].

Il vascello di Eros come metafora di evasione dalla realtà nella letteratura italiana ha un grande interprete nel Dante poeta di rime ispirate all’amore.  
  

Guido, I’ vorrei

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in unvaselch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,


sì che fortunaod altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ‘l disio.


monna Vanna e monna Lagia poi
Con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:


e quivi ragionarsempre d’amore,
e ciascuno di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.




[1]Berthel Thorvaldsen. 1770. 1844 scultore danese a Roma, Roma, catalogo della mostra a cura di E. di Majo, B. Jornaes, S. susinno (Galleria Naz. D’Arte Moderna, 31 ottobre 1989-28 gennaio 1990), Roma 1998, p.202.